Liegi-Bastogne-Liegi. Il Cassinis c'è

NON HO VISTO BASTOGNE


In questi anni ho partecipato a numerose cene Cassinis pre e post gara ma le due vissute a Liegi hanno avuto un sapore particolare.
La sera prima.
Un locale vicino al nostro albergo. Sarà perché siamo in pochi, sarà perché siamo lontani, ma ciascuno di noi mostra il suo vero volto e il suo stato d'animo senza inibizioni.
Lele sembra aver smarrito la baldanza e la sicurezza che lo contraddistinguono ed ha l'espressione preoccupata di che sa di dover affrontare una prova decisiva per stabilire se il Capt. Kirk è finalmente e realmente tornato dopo l'incidente. Fisicamente è con noi ma la testa è già proiettata al domani.
"Quinto" Valerio Massimo ha un'espressione enigmatica e ripete :"E' una cazzata, è una cazzata". Tutti gli domandiamo :"Che cosa?". E lui :"Non pedalo da luglio, fare il lungo domani è una cazata". E noi "Ma no, tu sei tosto, sei "Quinto" Valerio Massimo", ma ognuno realmente pensa :"E' veramente una cazzata".
Maximilian contento come un bambino che sta per ricevere il regalo tanto atteso si illumina quando gli allungo la busta con il pettorale. La apre ansioso poi il sorriso gli si smorza improvvisamente sul viso quando scopre che è l'unico di noi a non avere una striscetta azzurra adesiva con i simboli di tutte le Cotes e dei ristori. Panico alla Scala. Ci pensa QVM a risolvere :"Ti do il mio". Lui lo prende e gelosamente lo mette dentro la sua busta. Pericolo scampato.
Teresa al rientro dopo due mesi di stop, fa da controcanto a QVM :"Faccio il corto o faccio il medio". E si risponde da sola :"No, faccio il corto. Certo, venire fino qua per il corto, no faccio il medio. Cosa dite?". E noi :"Fai quello che ti senti" ma tutti pensavamo :"Fai il corto, fai il corto".
La Isa ed io apparentemente i più normali in pratica eravamo come un gatto che si morde la coda :"Certo che 280 son tanti", "Io li ho fatti ma non con quel dislivello". "4500 metri è bello tosto". " "Io li ho fatti ma non con quel chilometraggio". "Certo che 280 son tanti". E via così.
La sera dopo. Stesso locale, stesso tavolo, quasi gli stessi posti.
Ci fosse stato un ricercatore scientifico avrebbe potuto studiare gli effetti del calo progressivo di adrenalina in un gruppo di persone con caratteristiche diverse. All'inizio tutti ad ascoltare, come bambini, QVM che ci parlava di sue future imprese di corsa, a tappe, nel deserto, con distanze improbabili e orari improbabili, da farsi a dicembre poi, un po alla volta, ci siamo tutti spenti e ognuno si è progressivamente chiuso nel suo mondo. Ricordo in particolare l'espressione di Lele che, con ancora metà pietanza nel piatto, aveva una faccia come di che vuole solamente qualcuno che gli rimbocchi le coperte, e della Isa che, seduta di fronte a me, mi guardava, ma in realtà ero, per lei, del tutto trasparente.
In mezzo a tutto questo, la gara.


La LBL parte subito abbastanza tosta ma non troppo. Si sale e si scende e di pianura se ne vede poca. Io mi sento bene. Vado e salgo senza fatica e penso che tu
tto sommato non sembra così difficile.
Ovviamente, non è affatto così. La LBL si svela un po alla volta e le difficoltà aumentano progressivamente fino alla fine. Te ne accorgi dopo un centinaio di km. Il tuo cervello sa che le Cotes devono ancora arrivare ma il tuo cuore si è abituato a salite al 5/6 %, lunghe 4 o 5 km e ti sembra che debba essere cosi fino alla fine. Ti svegli all'improvviso quando vedi una curva secca a destra e percepisci, davanti a te, un rumore di ferraglia. Sono i cambi di tutti i ciclisti che, repentinamente e all'unisono, entrano in azione. E li capisci il concetto di Cote. In Italia e in Francia, ad esempio, per unire un punto, diciamo A, situato ai piedi di una collina con un punto, diciamo B, in cima alla stessa collina,
si costruisce una strada che sale a zig zag per rendere i due punti accessibili a tutti. In Belgio no. Seguendo la teoria che il percorso più breve per unire i due suddetti punti è una linea retta, scelgono di salire direttamente per la via più breve fregandosene delle curve e dei zig-zag e delle pendenze. Io scopro li di essere l'unico "italiano" dei quattro Cassinis perché gli altri tre sembra no trovarsi a loro agio e si involano lasciandomi indietro. Per fortuna le Cotes sono brevi ma quando arrivi in cima il test Conconi quello si ti sembra una cazzata e ....smetti di guardare il cardio per sopravvivere.


Nel tratto di pianura successivo Lele sembra voler provare i motori e tira di buona lena. Un po troppo per i miei gusti. Non dico niente ma sento che arriverà presto il conto. Per smorzare la tensione faccio una battuta a Lele e Max :"Abbiamo fatto una cote e tra un po un po ne facciamo un'altra, vuol dire che in questo momento siamo in una entre-cote". Mi sembrava buona, ma nessuno dei due ha fatto una piega. E il conto arriva. Seconda cote e si accende la spia della riserva. Anche perché mi rendo conto di una cosa, che so perfettamente ma che non avevo ancora messo a fuoco, e cioè che l'anello debole del quartetto sono io e che, quindi, sarò io quello destinato ad essere aspettato in cima alle Cotes, e la cosa un po mi innervosisce.
La fatica che mi è piombata addosso all'improvviso deve essere evidente perché, ad un certo punto, Isa mi chiede, preoccupata: "Sandro come va?" e io, sforzandomi di dissimulare senza riuscirci :"Andava meglio mezz'ora fa". Per esorcizzare il momento di crisi prendo qualsiasi spunto per polemizzare con Max e Lele. In realtà lo faccio per distrarre quest'ultimo e per cercare di rallentare il suo ritmo in pianura. Niente da fare, Kirk sente che stanno per arrivare i tratti cronometrati e "l'embolo del ciclista" gli si stampa in fa
ccia. Isa gli si piazza dietro. Sembra un "cane da tartufi" Isa, solo che non annusa e trova tuberi, ma annusa e trova, con abilità straordinaria, le ruote di tutti quelli che sono forti e vanno avanti a tirare. Una leggenda Cassinis dice che Isa non molla mai. Ragazzi, non molla mai veramente io l'ho visto. Impressionante grinta e impressionante forza di volontà.
E in tutto questo tirare sperando che non mi finisca la benzina a 140 km dall'arrivo, succede. Mi perdo Bastogne. E nemmeno me ne accorgo. Me lo fanno notare quando dopo un po, riemergendo dal tunnel della crisi, ad una svolta secca a U dico a Lele :"A questo punto dovremmo tornare indietro", e lui, come chi aspetta questo momento di rivincita da mesi :"Guarda che stiamo tornando indietro già da una ventina di km, Non hai visto Bastogne?" e io :"Tutto sto casino per non vedere Bastogne, che pirla".
Poi, negli "ultimi" 80 km arriva il difficile e i tratti cronometrati. Sul primo vedo un casco giallo canarino, con copriscarpe giallo canarino, con borraccia giallo canarino e......maglia Cassinis partire a "bombazza". Max mi guarda e dice :"Sale col rapportino Kirk". Lele infatti con il padellone ovale davanti schizza come un lampo e sembra che fino a quel punto si sia riposato. La rabbia che provo nel vederlo salire così è pari solo alla gioia che provo nel capire che è veramente "tornato".

Anche Max non è da meno. Come avevo avuto modo di capire l'anno scorso alle Fiandre lui su queste pendenze si trova a suo agio e finisce queste classiche sempre in crescendo. Fortissimo. Fortissimo e crudele quando alla mia domanda ;"Quante ne mancano?" risponde senza esitazione e senza un minimo di pietà "Sette". Nessun dubbio. Non è uno che "indora la pillola". Ma arriva anche per me il momento della rivincita. All'ultimo ristoro prima della Redoute, Max, che è un vero Cassinis non avendo l'antivento nuovo e volendo salire, come lui stesso dice, verso la storia, "con la divisa in regola" come noi, improvvisa uno spogliarello che diventa una scena alla Totò e Peppino in cui lui recita entrambe le parti. Toglie l'antivento e compare, come uscito dalla borsa di Eta Beta, un antipioggia che miracolosamente dovrebbe infilarsi nelle tasche dietro. "Non ce la faccio, mi dai una mano?" mi chiede. Io cerco di aiutarlo e lui "Sposta i gel" "Fatto", "Sposta la banana", "Max non ci starà mai!!!" "Metti la banana dall'altra parte". Io, essendo un signore, ho sorvolato sul facile doppio senso. A un certo punto la scena era questa: Max con l'antivento in una mano, la mantellina nell'altra, gel e barrette per terra e noi tre che gli facevamo fretta e lui che si incasinava sempre di più. Un mito.

Nel finale, sempre più duro, dopo l'ultima cote a 10 km dal traguardo sembra finita. Errore. Già nel cuore di Liegi a meno di due km dalla fine , dopo l'ennesima curva, compare un drittone di più di un km che sale, al cinque per cento, ma sale. Noi quattro, rassegnati lo affrontiamo, come automi, senza parlare e con l'occhio spento. Le ultime energie le utilizzo per urlare dietro ad un ciclista cretino che, per arrivare qualche secondo prima, si infila tra me e Isa rischiando di farci cadere tutti e due a cento metri dall'arrivo. La rabbia e l'urlo sono liberatori.
Dopo 279 Km esatti è finita. Come ho già detto, non so se sia la più dura e non ha importanza saperlo. So però che è stato bellissimo farla insieme a voi ragazzi.

Sandro


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