Uci World Cycling Tour – Finale 2013 – Trento, Monte Bondone

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Il percorso della finale UWCT è di 112 km partendo da Piazza Duomo nel centro di Trento, città di storia, arte e d’incontro fra la cultura italiana e mitteleuropea. Trento, la Città del Concilio (1545 - 1563) conserva ancora intatto tutto il fascino del suo patrimonio architettonico, tra costruzioni dell’ottocento asburgico e lo splendore di chiese e palazzi di epoca rinascimentale.

 

Dopo una partenza neutralizzata dietro le auto, i ciclisti affrontano la prima salita in direzione Palù di Giovo, città natale di Francesco Moser e Gilberto Simoni. Questa salita, lunga 7 km, inizia a 250 metri di altitudine per arrivare a quasi 600. Dopo la discesa, i ciclisti tornano sulla strada principale in direzione di Trento, dove attraversano il fiume Adige e continuano a seguire la riva del fiume. Dopo questa parte totalmente pianeggiante di 40 km i ciclisti affrontano la seconda salita che, dopo quasi 10 km, li porta al Lago di Cei a quasi 900 metri di altitudine. La discesa li porta di nuovo ai bordi dell'Adige in direzione opposta, per un'altra parte di pianura di 10 km. La salita finale sul Monte Bondone è la mitica Charly Gaul. Mentre percorrono quest’ultima salita di 20 km, i ciclisti possono ammirare una vista spettacolare della città di Trento. L’arrivo è in cima al Monte Bondone ad un'altitudine di 1654 metri.

 

Ecco l’articolo del nostro Andrea Mitrione che, insieme a Roberto Redaelli, ha partecipato alla finale Mondiale Cicloamatori.

 

Ecco il mio personale resoconto della gara, al termine di un weekend in cui le sensazioni sono state molto positive, non tanto per il risultato (il mio in particolare), quanto per l’esperienza in generale e l’atmosfera che abbiamo respirato dentro il gruppo.

Sabato mattina io e Roberto partiamo per Trento, in una giornata assolata e calda: il meteo della gara promette bene! Per pranzo stemperiamo la tensione con kebab e birra media, un pranzo da veri atleti, ma si sa, nel Cassinis sono molto diffuse pratiche alimentari poco ortodosse.

Il tranquillo sabato pre-gara si conclude con qualche attività di organizzazione logistica per la gara del giorno dopo, un giretto in bici per sgranchirsi le gambe e una cena a base di abbondanti spaghetti.

Domenica, dopo la sveglia alle 6 ed una colazione artigianale in camera con porridge preparato al fornelletto come se fossimo in tenda, via per Piazza Duomo: caffè e convenevoli con conoscenti e subito in griglia.

Giunti tra gli altri ciclisti ci guardiamo intorno e ci rendiamo conto della varietà dei gruppi nazionali presenti. In modo ancora più accentuato rispetto all’Etape du Tour, a colpo d’occhio si intuisce come i gruppi di atleti di molte altre nazioni siano organizzati come una squadra a tutti gli effetti: sono tutti insieme, si conoscono e vestono maglie con i colori nazionali e con l’indicazione della categoria Masters, come fossero una squadra

nazionale vera e propria. In particolare mi impressionano gli australiani (il gruppo più numeroso e simpatico), i norvegesi (una specie di falange armata…potentissimi), gli svedesi e gli sloveni. Capiremo ancora meglio, lungo il tracciato, lo spirito che hanno e che mettono nell’affrontare questa gara.

Tutto sembra organizzato per il meglio, un connubio ben riuscito tra paesaggi bellissimi, l’organizzazione della Charly Gaul e l’impronta di una manifestazione internazionale. Particolarmente intelligente l’idea delle griglie suddivise per categoria, con partenza scaglionata ogni due minuti in ordine decrescente di età.

Che dire poi della gara: il percorso era abbastanza sperimentato, per chi aveva già partecipato alla Charly Gaul. Già sulla salita per Palù di Giovo, dove a metà perdo Roberto che parte con il suo ritmo, ci arrivano da dietro i gruppi dei giovinastri partiti per ultimi e che sorpassano a velocità terra-aria senza mostrare particolare affanno (nonostante io fossi a punte di VAM fra 1200 e 1300). Se ce ne fosse stato bisogno, già lì avevo capito come questa gara non fosse pane per i miei denti.

Scesi da Palù ci aspettano 40 km di pianura che, se non fatti in gruppo, rischiano di diventare un calvario scoraggiante: terminata la discesa, non mi rimane che attendere un treno buono cui attaccarmi ma i primi tentativi si rivelano inutili: da dietro arrivano gruppetti dalle categorie più giovani lanciati a oltre 50 km/h…peggio che cercare di saltare su un Frecciarossa in corsa!

Finalmente riesco ad agganciare i simpatici australiani con i quali riesco a raggiungere un bel gruppone che viaggia a velocità di crociera di 45-50 km/h, ma a una decina di km dall’inizio della seconda salita che ci porterà al Lago di Cei, su un cavalcavia, il gruppone rilancia e perdo contatto, mostrando tutta la mia attuale mancanza di ritmo gara. Poco male, mi dico, al massimo avrei potuto migliorare il mio tempo di un quarto d’ora e comunque non arrivare nemmeno a metà classifica.

Mi armo di pazienza e mi metto a 40-42 all’ora da solo in mezzo al nulla della strada statale che porta da Trento all’inizio della salita, fino a quando formiamo un bel gruppetto di una quindicina di persone, fra australiani, belgi, svedesi, danesi e greci, dandoci il cambio. Bellissimo lo spirito di australiani e scandinavi, fra di loro un’intesa e un’assistenza che rendevano l’idea di una vera e propria squadra nazionale: sembrava veramente che per loro fosse importante partecipare all’evento con quei colori addosso e come una squadra unica e compatta, ma non per questo scontrosa nei confronti degli altri (a testimonianza di questo i gesti di intesa e di ringraziamento ad ogni cambio che ci davamo).

A fare da contrasto con questo approccio la nota un po’ stonata è la cornice della gara: pochissima gente ai lati delle strade ad applaudire ed incitare, tranne che nei simpatici paesi sulle salite dove la gente è poca ma calorosa nei confronti di tutti, soprattutto della squadra australiana che si merita tutti gli applausi che riceve!

All’attacco della seconda salita se ne sono già andati 60 km di gara, ascesa tosta ma in luoghi suggestivi (peccato non si veda il lago dalla strada mi dico…), ma ancor più impressionante è la discesa, con pochissime curve: persino io raggiungo 75 km/h di velocità!

A questo punto rimane solo il mitico Bondone, la storia del ciclismo, dopo altri 10 km di pianura che, ahimè, percorro da solo con il vento in faccia.

Ci attendono ancora 20 km di salita ma la gamba è buona e riesco a far scendere anche un dente o due dai soliti rapporti agili, complice la musica che nel frattempo mi sono sparato nelle orecchie per darmi spinta psicologica: mi servirà quando a 7 km dalla cima e dal traguardo, inaspettati e nel momento di massimo rendimento, mi verranno i crampi con cui dovrò combattere per almeno un chilometro.

Arrivo in cima abbastanza fresco e taglio il traguardo contento nonostante la prestazione non esaltante: Roberto mi aspetta alla macchina e, nonostante un tempone (4 ore e 5 minuti, mezz’ora prima di me, sui 112 km e 3000 metri di dislivello totali), non possiamo che constatare come il livello dei partecipanti fosse veramente alto. Il campione mondiale della nostra categoria arriva secondo assoluto in 3 ore e mezza!

Per me rimane la soddisfazione, grazie al ripescaggio, di aver potuto prendere parte a una bella manifestazione (non credo mi ricapiterà in futuro la possibilità di qualificarmi…) con un formidabile compagno di squadra (anche se l’ho perso subito per strada!) e provando il piacere di condividere lo spirito e l’approccio di ciclisti di ogni nazionalità, contenti di rappresentare in gruppo e come gruppo la propria nazione.

La giornata si è conclusa in Piazza Duomo a Trento, attorno al palco appositamente allestito per la manifestazione, con un folto pubblico pronto per applaudire le premiazioni: per ogni categoria podio e medaglie, con maglia iridata per il vincitore e inno nazionale…come per i “pro”.

 

Alla fine, anche questa volta il Cassinis c’è!

 

Andrea

UWCT 1

                                          Trento - Piazza del Duomo

UWCT 2

                             

 

 

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