Randonnée della Vernaccia

 

Leggendo su Cicloturismo il resoconto delle manifestazioni tenute a Montefalco in occasione della GF Sagrantino 2013, ci si imbatte in un testuale “Il programma era già iniziato al sabato con la Randonnée da Montefalco a S. Gimignano e ritorno, durissima e affrontata da venti coraggiosi”.

Appunto. L'unica pecca è che in realtà i coraggiosi erano diciassette e di questi ben otto portavano la maglia Cassinis.

Cosa ha spinto otto di noi ad affrontare una prova del genere??

Innanzitutto la sfida con se stessi. La prova, infatti, consisteva in una due giorni “full immersion” per un totale di 420 km (che in realtà si sono rivelati quasi 440) e 4700 metri di dislivello (che ora della fine hanno superato i 5000), con partenza da Montefalco  (Provincia di Perugia), arrivo in Toscana a S. Gimignano (Provincia di Siena), pernottamento e rientro alla base il giorno successivo affrontando un percorso diverso.

Nessuno di noi, a parte il Presidente e “Quinto” Valerio Massimo, aveva mai affrontato una competizione del genere e la voglia di cimentarsi in una prova di questo tipo era almeno pari al timore di non farcela.

Altra motivazione importante era la convinzione, rivelatasi poi del tutto fondata, che il percorso fosse interessante e molto rimunerativo sia dal punto di vista paesaggistico che storico.

Molte sono le immagini di questa due giorni in terra umbro-toscana, che sono rimaste impresse nella mia mente.

Indimenticabile la partenza dalla spettacolare piazza di Montefalco, alle 6 e 30 del sabato mattina uggioso, con gli organizzatori che ci hanno offerto un caffè guardandoci con un misto di invidia e stupore al pensiero che, con le previsioni meteo cosi sfavorevoli, il tragitto sarebbe diventato ancora più complesso e difficile.

Poi le strade che, man mano che i chilometri scorrevano sotto le nostre ruote, si allontanavano sempre più dai percorsi frequentati per inerpicarsi, a volte in modo anche ripido, su colline e falsipiani lontani da traffico e rumori. Emblematico il bellissimo tratto di sterrato culminante nei pressi di una cascina isolata. Il tutto ha avuto proprio il sapore di essere “fuori dal tempo”.

Anche il gusto dell'avventura è stato più volte messo alla prova. Il percorso, infatti, a differenza delle solite randonnée, non era assolutamente segnalato e i nostri unici punti di riferimento sono stati Valerio e Pietro che, con i loro navigatori, ci hanno indicato la strada quasi sempre di comune accordo. Nei pochi casi in cui sono stati discordanti, siamo andati un po’ a naso fidandoci dell'istinto che, come accaduto al ritorno, ci ha portati a fare anche un po’ di ciclocross.

E' stato bello anche sperimentare un nuovo modo di correre, senza l'assillo della prestazione a tutti i costi. Questo, ad esempio, ci ha permesso di prenderci una pausa il primo giorno in una trattoria, gustando abbondanti piatti di pici al cacio e pepe, che hanno “steso” tutti noi tranne il ‘Pres’…lui infatti, ogni volta che va in bici, dopo un piatto di pasta risorge come la Fenice ed è sempre più pimpante di prima!

Dopo esserci rimessi a fatica in sella alle nostre bici, sfidando un cielo che non prometteva niente di buono, ci siamo diretti verso il territorio senese: uno spettacolare susseguirsi di meravigliose stradine in un continuo sali-scendi con vista su colline, cascine e ruscelli, che ci hanno regalato un panorama di una bellezza paragonabile solo alle Dolomiti o ad alcuni scorci conosciuti nelle varie “gite” in terra di Francia.

A “las cinco de la tarde” siamo arrivati in centro a S. Gimignano, la città delle cento torri, scansando i pedoni che ci guardavano parecchio stupiti e arrivando a timbrare per il controllo proprio sotto gli archi della piazza centrale, davanti alla scalinata di una chiesa, con quel poco di sole che riusciva a fare capolino tra le nuvole mentre tramontava dietro le colline.

Alla sera, durante la passeggiata per le viuzze della cittadina prima di recarsi a cena, una violenta pioggia ha reso palpabili i timori del fatto che il giorno dopo sarebbe stato un calvario non solo da un punto di vista fisico, e questo lo sapevamo, ma anche da quello meteorologico.

E invece...

Quando mi sono svegliato alle cinque della domenica e ho guardato fuori dalla finestra, il cielo era scurissimo ma non pioveva e le torri della città si stagliavano contro quel grigio in modo affascinante, anche se un po’ spettrale.

Per alcuni di noi tripla colazione: si sa, andare in bici fa consumare un sacco (in realtà ognuno di noi giustifica così gli eccessi che altrimenti non si concederebbe mai), poi partenza in discesa con un freddo fastidioso, che ha avuto almeno il vantaggio di svegliarci completamente. E improvvisamente...nonostante le pessime previsioni, si è alzato il sole, che in realtà si alza sempre, ma si è alzato senza nubi e lo si poteva vedere, e l'azzurro del cielo si mischiava con il verde dei prati (lo so, è un po’ retorico, ma è quello che ho effettivamente pensato in quel momento e poi, del resto dopo quasi 300 chilometri non è che uno sia lucidissimo).

Verso mezzogiorno, quando tutto sembrava procedere per il meglio, a parte la stanchezza che cominciava a fare capolino, ecco che arriva l'intoppo di giornata sotto forma del cambio della bici di Pietro che, improvvisamente e senza un particolare motivo, decide di finire la sua vita spezzandosi in un punto strategico e praticamente irreparabile. Dopo quasi un'ora di inutili tentativi, riusciamo (o meglio riescono i due più esperti tra di noi) a rimediare temporaneamente, consentendo a Pietro di arrivare fino al paese più vicino, alla ricerca di un improbabile treno del quale non sapevamo né orari né, soprattutto, il percorso. Penso si sia stretto un po’ il cuore a tutti noi nel lasciare il nostro compagno di avventure in quel paesino e nel ripartire sotto un cielo che, a poco a poco, stava ritornando ad essere scuro e a far temere la pioggia.

Decidiamo di non fermarci troppo per il pranzo per cercare di non prendere l'acqua per strada, e ci “limitiamo” a saccheggiare un bar pasticceria, lasciando letteralmente di stucco le due commesse, grazie alla quantità di ordinazioni fatte da un gruppo non così numeroso in un lasso di tempo relativamente breve.

Si riparte e, in tutti noi, comincia ad affiorare la stanchezza. I chilometri non passano mai, le strade continuano a salire con pendenze anche considerevoli, e a scendere con pendenze altrettanto importanti. Comincia piano piano a piovere e arriva il momento in cui ognuno di noi (penso), si è chiesto:”ma chi me lo ha fatto fare??” Non c'è risposta a una domanda del genere. Non dobbiamo cercare sempre per forza una risposta… il ciclismo ti insegna che, a volte, è bello vivere anche solo nello spazio che ti concedono le domande.

E, in ogni caso, è bastato sentire l'urlo “forza Cassinis”, ripetuto più volte dagli amici che ci attendevano ansiosi fra le mura secolari di Montefalco, per vedere la soddisfazione sui nostri volti, la commozione sul viso di Barbara, unica donna ad aver affrontato una prova del genere, per dimenticare in un attimo i momenti di scoramento e per rendersi conto di avere vinto, ognuno nel suo piccolo, un'importante sfida con se stessi.

 

Sandro

 

Album fotografico Randonnée della Vernaccia

 

Album fotografico Sagrantino

 

 

 

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