Ich habe einen traum, Otztaler


Per arrivare a Solden la strada più breve è quella che passa per Merano, S.Leonardo in Passiria e, attraverso il Rombo, si sconfina in Austria, è il percorso che ho fatto con Teresa sabato per arrivare. Il mutamento dell'umore in macchina man mano che si saliva è stato emblematico di quanto mi aspettava l'indomani. All'inizio i discorsi erano :"Beh qui sarà un 5%", "Questo è un bel drittone, però…", "Il quarto chilometro sarà più o meno il 10%" e via di questo passo. Poi, man mano che scorrevano i km, alle analisi,seguivano commenti sempre più coloriti, ed infine quando a circa 6 km dalla vetta si è presentata in tutto il suo splendore la lunga teoria di tornanti e drittoni alla fine della quale si intravvedeva il passo 700 metri più su.....silenzio totale. A circa tre tornanti dalla fine una fila di magliette colorate e tagliuzzate appese come trofei intorno alla curva mi ha fatto pensare :"secondo me sono le maglie dei ciclisti che ci hanno lasciato le penne".La cosa si è ripetuta su altre tre curve alla fine delle quali mi sono girato e ho detto a Teresa :"non ti preoccupare tanto domani questo pezzo lo farò sul carro scopa". All'arrivo in paese troviamo subito il Pres che, felice come sempre in queste occasioni, si scatenava nell'immortalare qualunque Cassinis gli capitasse a tiro (per sua fortuna eravamo solo in sette) per spedire subito le foto a “tout le monde”, e devo dire che il trovarci tra "maglie" amiche ha di molto stemperato l'umore restituendomi il sorriso. Durante il briefing delle 18 non si è parlato di tattiche ma di come vestirsi (l'unico deciso e irremovibile sull'abbigliamento era il “Cont”), e delle previsioni meteo (Maximilian sembrava uno della Nasa parlando di modelli e di siti americani e tedeschi) e soprattutto dei cancelli a tempo previsti per la gara (ben cinque di cui due tassativi) che preoccupavano soprattutto due di noi (e dei due il più preoccupato era il sottoscritto) mentre il solito “Cont” sosteneva che non c'era problema perchè erano tutti fattibili (“facili facili” come dice lui).All'appuntamento delle h.6,25 con gli altri la mattina dopo non riesco ad arrivare perchè intrappolato da una disposizione delle griglie un po’“random”che mi costringe a partire da solo. Male! perchè la solitudine fa pensare; "Sono passati 50 giorni dal mio “tête-à-tête” con il SUV, 25 giorni da quando ho ricominciato a fare un pò di movimento, da dieci ho ripreso la bici da corsa e, una settimana fa mi sono arreso a metà della Colma di Sormano con le gambe in croce; “Che cavolo ci faccio qui in una GF che è difficile anche da pronunciare?" Decido di non guardare mai il Garmin e di concentrarmi, come dicono i manuali, sull'agilità. Il via viene dato con un colpo di cannone e i primi trenta km sono tutti in discesa. Strada bellissima, rotonde segnalate da camion lampeggianti posti davanti, e gente ai bordi che saluta e fa un casino infernale. Scendo come uno che mette in cascina km e media oraria in previsione di tempi difficili. Improvvisamente una rotonda e un sacco di ciclisti che si fermano per togliersi la mantellina. Nemmeno il tempo di chiedersi perchè che le prime rampe del Kuhtai appaiono sulla sinistra. Qui ho l'unico contatto con un Cassinis :"Forza Sandro" mi dice il “Cont” prima di involarsi alla mia sinistra. “Kühtai”, un nome che, più che ad una montagna austriaca andrebbe bene per una mossa letale di un'arte marziale giapponese. Va su a strappi in modo irregolare.  Bella la strada, belle anche alcune mucche in mezzo alla strada che ti guardano non capendo il perché di tanta gente che si sbatte quando tutto quello che serve (acqua e cibo in abbondanza) è li intorno. Verso la metà dei suoi 18 km arriva lo strappo al 18% (secondo me in realtà un po’ meno) ed è il primo riscontro positivo. Salgo bene senza affanno e, senza affanno, arrivo in cima per il primo dei tre oltre 2000 metri di altezza della giornata. E' un peccato che il tempo non sia bello; qualche goccia d'acqua nell'unico segmento di pianura di tutta la gara ma poca roba…Inizia il Brennero. facile. Media 2-3%. Già, ma dura 39 km. Come cavolo si affronta una salita del genere senza scoppiare o andare troppo piano?. Ci vuole un po di fortuna e io la trovo sotto forma di un gruppetto che va un pochino più forte di quanto avrei fatto io, ma non troppo. Seguo alla lettera il manuale del perfetto cicloamatore e sto tutto il tempo coperto attento a non tirare neanche un metro. E non mi vergogno per niente.Dopo 128 km arrivo al passo dove c'è il primo cancello orario. Guardo l'ora e scopro di essere in netto anticipo. Seconda iniezione di fiducia. Vuoi vedere che aveva ragione Francesco "grillo parlante" Conticello?.Penso che questo vantaggio mi servirà in caso di crisi ma non faccio in tempo a rallegrarmi che al ristoro trovo il tizio che mi ha ceduto il pettorale in più che aveva per la gara che mi dice:"Fino qui è facile, non abbiamo fatto niente. La parte dura viene adesso." "Già" dico io con l'aria dell'amatore esperto "lo so" e gli sorrido ma avrei voluto ucciderlo. Bella discesa anche qui e poi via con il Giovo. Mister regolarità. 7-8 per cento sempre, un paio di punti intorno al dieci per .......diciassette km. Non molla mai neanche per un metro. Tutta la prima parte nel bosco. E qui mi accorgo che, contrariamente a quanto successo fin'ora, cominciano ad essere di più i ciclisti che sorpasso di quelli che passano me. "Calma e agilità, non forzare", penso, ma comincio a realizzare che forse in fondo ci arrivo. La bicicletta è bella perché uno pensa queste cose poi fa un tornante, comincia a piovere, il panorama si apre, il passo è lassù lontanissimo, le gambe cominciano a indurirsi, il 151 km non passa mai e...la prima crisi è dietro l'angolo. Ma ci vuole fortuna e oggi le cose sembrano girare nel verso giusto. Stranamente invece di essere in cima il ristoro è a circa tre km dalla vetta. Lo vedo e mi ci fiondo. Sono tutti gentilissimi e premurosi come sempre anche se quando ti urlano "Wasser?" fanno un po paura e tu vorresti un po’ di affetto. Bevo in successione te caldo, coca, the freddo, sali e ancora coca e non ho idea del casino che faranno la dentro.Arrivo sopra e mi fiondo in una discesa che mi avevano detto (a questo punto potete immaginare chi) essere molto tecnica. Ed è vero. Comincia a esserci un vento abbastanza forte, l'asfalto è umido e, incurante degli altri che vanno giù a palla, me la prendo con calma anche perché dal cielo cominciano ad arrivare tuoni e, come si dice in questi casi, fulmini in lontananza. Penso :"Hai tenuto fino ad ora non cominciare a piovere di brutto proprio verso la fine". la fine. Mi viene da ridere. Dopo 175 km quando il 90 % delle gran fondo sono finite da un pezzo e anche se il paese è piccolo la gente non mormora più e tutti sono a nanna, alle 14 e 30 attacco il Rombo. Attacco....è lui che attacca me.31 km e mezzo. Dolci all'inizio. Come ad invogliarti. Poi, tornante a destra e iniziano le danze. Hai un bel dirti agilità ma nessuno ti sente, soprattutto le tue gambe. La scoperta di avere finito i gel di certo non aiuta (per dire della lucidità poi la sera in camera uno ne ho trovato in tasca)e, dopo il primo tratto duro, se quella del Giovo era una crisi annunciata, qui arriva la crisi vera. Mi prende lo sconforto. Poi, guardandomi in giro, vedo che neanche gli altri sono messi bene e come si dice:"mal comune...". Amo l'organizzazione dell'Otztaler. Appena spiana arriva il ristoro, sembra che l'abbiano messo li per me. In realtà, dalla ressa assomiglia a piazza Duomo la domenica pomeriggio prima di Natale. "Non guardare su, non guardare" mi ripeto. E comincia l'ultimo tratto. Che dire. Un'esperienza mistica. Sei sopra 2000 metri (in cima saranno 2.509). Strada costante intorno al 9-10%. Il Rombo non cede e, quando si rende conto che forse quel gruppo di formichine impertinenti e affannate può farcela ad arrivare in cima ti manda contro anche il vento. Freddo. In faccia. Arrivano i tornanti delle maglie e mi rendo conto che mai, ventiquattro ore prima, avrei pensato di arrivare fin qui pedalando. Alla fine dell'ultimo drittone intravvedo la galleria che segna la fine della parte dura e non ci posso credere. Arrivo su alle 17 e 30. Tre ore di salita. In cima c'è un vento tale che impiego cinque minuti a infilarmi la mantellina e 
rischio due volte di cadere da fermo. Finita? Non ancora. Si scende col vento che ti sposta da tutte le parti e poi dopo 3 km arriva quello che viene definito su CT l'ultimo dente prima dell'arrivo. Altro che dente. E' una zanna (con tutto l'elefante dietro) più di 1 km anche questo intorno al 10 e anche questo controvento.

Alla fine il cartello :"Ich habe einen traum" (Ho un sogno)… Otztaler Radmarathon. Ho la forza di pensare "diavolo di tedeschi ma se chiamano “traum” il sogno, l'incubo com'è?"

Poi la picchiata verso Solden e, a 100 metri dall'arrivo l'urlo fortissimo di Teresa. “E' fatta. alla faccia dei SUV.

 

Sandro

 

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