15 Cassinis a zonzo per 5 province

 

Vìzzola, o Vizzòla? Il nome ricorda vagamente un fungo, ma non lo è. Però è un po’ velenoso lo stesso, perché si tratta dello strappo che i Cassinis trovano sulla loro strada dopo oltre 190 km di fatica. I Nostri tirano fuori gli artigli per superare quei 500 metri con pendenza del 12%. Non tutti arrancano, ovvio: ci sono anche Alberto L. e Lorenzo S, freschi come due rose nonostante abbiano fatto rigare dritto la ciurma per quasi tutta la giornata, e c’è il Presidente, che salta come un grillo (dice che entra in forma dopo il centesimo chilometro…) e sogna già il Cauberg. Gli altri protagonisti sbuffanti, in ordine rigorosamente sparso, sono Emanuele B,  Leonardo P, Enrico C, Marco T, Ottaviano S e Maximilian C. Fortuna che di lì a poco troveranno all’arrivo della randonnée delle 5 province la festosa accoglienza di Beatriz B, Andrea W., Laura S e Chiara DR: le lady Cassinis che hanno compiuto la loro impresa chiudendo con largo anticipo il percorso da 120 km (“Abbiamo sbagliato strada soltanto una volta” dice raggiante Andrea, molto meglio dei duecentisti…), un piatto di pasta fumante e splendida la torta cioccolato e pere preparata con amore da Laura. Troveranno, qualche minuto dopo, anche Roby B e Roberto P, i due fortunati che, per preparare al meglio le classiche del Nord che attendono il Cassinis, non si sono lasciati sfuggire l’unico scroscio di pioggia di una giornata di primavera baciata dal sole.

 

Il Cassinis si era presentato compatto, e stranamente quasi in orario (nonostante l’insidia dell’ora legale), alla partenza di Samarate (praticamente all’aeroporto di Malpensa, strano posto per le due ruote…), per attraversare le 5 province che poi si scoprirà essere Varese, Verbano-Cusio-Ossola (proprio così, nome degno della prestigiosissima provincia del Medio Campidano), Vercelli, Biella e Novara. Un itinerario vario e ondulato che ha portato la truppa maravilhosa a incontrare il parco del Ticino; il canale Villoresi, le sue chiuse e le centrali elettriche; la statua del San Carlone (foto di gruppo d’obbligo) e le strade dell’Alto Vergante già visitate in un’uscita corale dello scorso autunno; Stresa e il patinato Lago Maggiore, l’arcano e silenzioso lago d’Orta; l’industriosa Valsesia, culla dell’industrializzazione del secolo scorso; le risaie allagate di vercellese e novarese (per fortuna ancora senza zanzare) fino all’epilogo sullo strappo che si chiama come un fungo avvelenato. Duecento e passa km dove i nostri prodi si sono ovviamente distinti: terrore dei ristori e dei controlli (al primo quelli dello staff nascondevano la crostata… mentre l’ultimo era in un bar, così Leo ha potuto finalmente bere il caffè che sognava dalla Randolario); gioia delle maglie giallo-blu, nero-verdi e bianco-rosse che hanno sfruttato la scia a ufo per ore. Duecento chilometri per spiccare il volo verso nuovi traguardi.

 

Maximilian

 

 

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